Cattiva condotta del lavoratore: quando sussiste la giusta causa in un licenziamento.

Il licenziamento può essere messo in atto solamente a patto che si verifichino specifiche condizioni prestabilite dalla legge. Tali condizioni possono riguardare: motivi disciplinari, legati a condotte colpevoli o in malafede attuate dal lavoratore dipendente; o motivi aziendali, connessi cioè all’andamento dell’azienda (crisi dell’impresa, cessazione dell’attività, automatizzazione di determinate funzioni, etc.).

Quando il motivo del licenziamento si riconduce ad una condotta disciplinare del lavoratore, che commette una inadempienza o una violazione rispetto agli obblighi contrattuali o extracontrattuali, il datore di lavoro può procedere con il licenziamento per giusta causa o con il licenziamento per giustificato motivo soggettivo.

In entrambi i casi la condotta del lavoratore deve provocare un danno oggettivo, che lede l’integrità dell’azienda e compromette in maniera irreparabile il vincolo fiduciario tra lo stesso e il datore di lavoro.

Differenze tra licenziamento per giusta causa e giustificato motivo soggettivo.

Le differenze tra licenziamento per giusta causa e per giustificato motivo soggettivo risiedono principalmente nella gravità della condotta tenuta dal lavoratore. Nel giustificato motivo soggettivo il comportamento del lavoratore è sicuramente meno grave rispetto alla giusta causa, ma comunque tale da richiedere la recessione del contratto.

In presenza di giusta causa, inoltre, tale gravità della condotta fa sì che non sia possibile la prosecuzione del rapporto di lavoro per neanche un giorno (art. 2119 del codice civile). Il datore di lavoro, infatti, può procedere al licenziamento in tronco, senza obbligo di preavviso.

Nel licenziamento per giustificato motivo soggettivo, invece, non si verifica un immediato venir meno della fiducia sottostante il rapporto lavorativo. Pertanto, il datore di lavoro deve concedere il preavviso previsto dal contratto, oppure, nel caso non lo dia, è tenuto a pagare un’indennità di mancato preavviso.

Possibili cause di licenziamento disciplinare per giusta causa.

Alcune tra le cause più frequenti di licenziamento disciplinare, ovvero riconducibili alla condotta del lavoratore, sono:

  • rifiuto del lavoratore di riprendere il posto di lavoro se la visita fiscale ha constatato l’insussistenza della malattia;
  • assenteismo e scorretto uso dei permessi;
  • falso infortunio o finta malattia (per esempio se durante il periodo di malattia il lavoratore compie qualcosa di grave, come un lavoro presso terzi che ne pregiudicherebbe la guarigione);
  • rifiuto ingiustificato del lavoratore di eseguire una prestazione lavorativa prevista dal contratto di lavoro;
  • sottrazione di beni aziendali;
  • condotta penalmente rilevante al di fuori del lavoro (abuso di alcol, furto, spaccio di droga, etc.).

A chi spetta l’onere di provare la giusta causa del licenziamento?

La legge prevede che spetti al datore di lavoro provare la giusta causa del licenziamento. Quindi, non è sufficiente dimostrare che il lavoratore è stato assente un determinato numero di giorni dal posto di lavoro, ma bisogna dimostrare che le assenze sono state ingiustificate e che la condotta del dipendente è stata tale da ledere il rapporto fiduciario con il datore.

In questi casi, risulta molto utile appoggiarsi ad agenzie di investigazioni private, al fine di effettuare indagini mirate a dimostrare l’inadempienza dei dipendenti e a raccogliere prove con valore legale. L’azienda, in possesso di tale documentazione audio-visiva, può tutelarsi e dimostrare il danno provocato dal dipendente, per procedere con il licenziamento ed evitarne l’impugnazione.

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