Separazione e assegno di mantenimento: accantonato il principio del tenore di vita.

Il criterio del tenore di vita analogo a quello goduto durante il matrimonio, fino a poco tempo fa uno dei capisaldi nella quantificazione dell’assegno di mantenimento, sembra chiaramente cedere il passo ai criteri dell’autosufficienza e dell’autoresponsabilità economica. Ma andiamo per gradi.

Sino alla rivoluzionaria sentenza della Corte Suprema datata 10 maggio 2017, in caso di separazione si faceva fede all’articolo 143 del codice civile, che sancisce gli obblighi derivanti dal matrimonio: al momento della separazione, venivano meno quei doveri di assistenza morale e di collaborazione, ma rimaneva attivo il dovere di assistenza materiale, che andava a confluire nella determinazione dell’assegno di mantenimento.

Ma, più nello specifico, l’ex coniuge doveva non solo provvedere al sostentamento del coniuge economicamente più debole (nella maggior parte dei casi la ex moglie), ma era tenuto a garantire lo stesso tenore di vita goduto durante il matrimonio. Questo perché la separazione tende a conservare il più possibile gli effetti del matrimonio, compatibili con la cessazione della convivenza.

 

La Cassazione cambia registro in tema di mantenimento abbracciando il criterio dell’autosufficienza economica.

Con la sentenza sopra citata, la Cassazione cambia radicalmente il proprio orientamento in tema di assegno divorzile, ritenendo non più attuale, nell’ambito dei mutamenti economico-sociali, il riferimento alla continuazione del tenore di vita goduto durante il matrimonio. Pertanto, con lo scioglimento del vincolo matrimoniale, si estingue il dovere reciproco di assistenza morale e materiale di cui all’articolo 143 del codice civile.

L’assegno, quindi, non va più calcolato sulla base dello stile di vita avuto durante il matrimonio, ma sulla base dell’autosufficienza economica dell’ex coniuge. Poiché, secondo i giudici, “si deve superare la concezione patrimonialistica del matrimonio inteso come una sistemazione definitiva”.

Questo avvenimento, seguito da altri casi degni di nota, tra cui la recente ordinanza n. 5817/2018 e il caso sicuramente più mediatico Berlusconi-Lario, segna un vero e proprio spaccamento tra l’orientamento precedentemente consolidato che legava l’entità dell’assegno divorzile al parametro incrollabile del tenore di vita mantenuto in costanza di matrimonio, e il principio dell’indipendenza economica quale criterio cardine per il riconoscimento del diritto a percepire l’assegno di mantenimento a favore del coniuge economicamente più debole.

 

 

L’ex coniuge in grado di procurarsi un reddito adeguato non ha più diritto all’assegno di mantenimento.

Alla luce di quanto detto, appare chiaro che si possa ridurre o negare il mantenimento all’ex moglie che, nonostante il divorzio, può ancora lavorare e mantenersi da sola: questa è oramai l’interpretazione sposata dalla Cassazione.

Quindi, se l’ex coniuge è ben in grado di procurarsi redditi adeguati, stante la pacifica esistenza di proposte di lavoro e un’effettiva possibilità di svolgimento di un’attività lavorativa retribuita (tenuto conto di ogni concreto fattore individuale ed ambientale), e immotivatamente non accetti tali proposte, è escluso il diritto al mantenimento.

 

Come dimostrare in tribunale che la ex moglie abbia rifiutato senza motivo una proposta di lavoro?

Secondo i giudici non è il coniuge che chiede tale mantenimento a dover dimostrare l’impossibilità di trovare lavoro, ma spetta piuttosto all’uomo dare prova che la ex moglie, pur essendo nella possibilità di lavorare, non voglia procurarsi un lavoro o che non lo accetti sulla base di motivazioni infondate.

Riuscire a dimostrare in sede di giudizio un caso simile può risultare tutt’altro che semplice, poiché sarà necessario comprovare che la donna abbia effettivamente rifiutato proposte di lavoro concrete (o più semplicemente non si sia presentata a dei colloqui), al fine di godere dell’assegno di mantenimento percepito dal marito.

Oppure, sempre sul tema della quantificazione dell’assegno divorzile, può essere necessario effettuare delle indagini tributarie per accertare che le condizioni economiche di uno dei coniugi corrispondano effettivamente a quelle dichiarate.

Sis Investigazioni può aiutarti in questo, raccogliendo prove atte a dimostrare la scorrettezza dell’ex coniuge. I nostri investigatori qualificati si occuperanno delle indagini, nel pieno rispetto delle leggi vigenti, e ti forniranno una documentazione con valore legale utilizzabile in sede giudiziale, al fine di interrompere l’erogazione dell’assegno di mantenimento oppure per modificarne l’entità.

 

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